La rivoluzione Messicana
Con l’aiuto di Pancho Villa, Emiliano Zapata e Pascual Orozco, successivamente anche da Venustiano Carranza e Alvaro Obregon, la rivoluzione trionfò nel maggio 1911 e pochi mesi dopo Madero, acclamato come ”l’apostolo della democrazia”, fu eletto presidente.
Il presidente Madero, per i meriti ottenuti durante la guerra, nominò Zapata come capo della polizia rurale dello Stato di Morelos.
Zapata, a sua volta, riuscì a strappare al nuovo presidente il formale impegno ad affrontare la questione agraria.
Madero cercò di promuovere la piena democrazia politica, ma le sue proposte non soddisfacevano appieno un popolo affamato di cambiamenti sociali ed economici, assillato da complotti e da continui disordini nel corso della sua gestione, non ebbe l’appoggio che sperava ne dai suoi vecchi alleati, che non ritenevano raggiunti gli obiettivi della rivoluzione, ne dai membri del vecchio regime, Madero diede il compito ai generali Victoriano Huerta, Felipe Angels e Juvencio Roblesdi soffocare la nuova rivoluzione.
L’intervento militare fu durissimo, con massacri, incendi e deportazioni della popolazione civile in odore di ribellione.Di fronte alla minaccia di una degenerazione della rivolta contadina, nel febbraio del 1913, i latifondisti ricorsero a un colpo di stato controrivoluzionario, guidato dal capo dell’esercito, il generale Victoriano Huerta.
Il generale fu un prosecutore della politica di Dìaz, e degli interessi più conservatori, trovò subito un alleato nell’ambasciatore statunitense in Messico Henry Lane Wilson, e le simpatie politiche da parte di Gran Bretagna e Francia.
Madero fu rovesciato da un colpo militare capeggiato da Victoriano Huerta nel febbraio 1913; il 22 febbraio fu assassinato insieme al suo vicepresidente Josè Marìa Pino Suarez.
Divenne così un martire e il simbolo dell’opposizione democratica messicana alla dittatura.
Victoriano Huerta, appoggiato dagli stati uniti, si autoproclamò presidente. Formò un nuovo governo talmente impopolare che coalizzò l’intera opposizione.
Tutto questo provocò un’immediata reazione che diede il via alla seconda fase della rivoluzione, nella quale assumono un ruolo determinante i movimenti popolari e in particolare quello guidato da Pancho Villa.
Emiliano Zapata si alleò con il grande rivoluzionario del nord, che aveva costruito un formidabile esercito nelle pianure di Chihuahua, i leggendari soldati della “Divisione del Nord”, e con altri sostenitori della costituzione.
Sconfissero Huerta e distrussero il suo esercito, Huerta, costretto a dimettersi, fugge in Spagna il 20 luglio 1914: nell’aprile del 1915 torna negli Stati Uniti, fu arrestato per l’assassinio di Madero e rinchiuso in carcere ad El Paso, nel Texas.
Rilasciato per le precarie condizioni di salute, muore a metà gennaio del 1916.
Venustiano Carranza si ritenne il capo legittimo del governo provvisorio.
La revoluciòn, diede ancora una volta un governo al paese, il presidente Carranza fu riconosciuto come legittimo capo dagli Stati Uniti d’America, con questo riconoscimento ufficiale, i nordamericani si attirarono le ire del rivoluzionario Pancho Villa, che riuscì a varcare il confine con gli Stati Uniti e ad attaccare la città di Columbus, nel Nuovo Messico.
Carranza rifiutò la riforma agraria proposta da Zapata.
Durante la ”Convenzione rivoluzionaria” riunita ad Aguascalientes nell’ottobre del 1914, si cercò un compromesso con il nuovo governo.
I rivoluzionari rivendicavano, oltre la riforma agraria prevista nel , anche il diritto allo sciopero e il riconoscimento dei sindacati.
Villa e Zapata, riuscirono ad avere la promessa di una riforma agraria e la nazionalizzazione delle imprese petrolifere straniere.
Carranza inviò il generale Pablo Gonzales a combattere le milizie zapatiste nello Stato di Morelos, l’esercito di Gonzales fece rivivere i momenti crudeli di Huerta: incendi, saccheggi, massacri indiscriminati, deportazioni.
Carranza riuscì a liberarsi di Zapata grazie ad un’imboscata tesagli dal colonnello Jesùs Guajardo, attirato in trappola: Emiliano Zapata e la sua scorta vengono assassinati senza aver tempo di difendersi il 10 aprile del 1919.
Da una canzone popolare:
Cardellino mattutino
sovrano delle cime
guarda in che modo tanto triste
hanno ucciso Emiliano.
Ruscelletto impetuoso,
che ti disse quel garofano?
Dice che il comandante
non è morto,
che Zapata tornerà .
Con la Costituzione promulgata nel 1917 Carranza istituzionalizzò la rivoluzione.
La Carta Costituzionale, sebbene sancisse un sistema presidenziale forte con uno Stato a partito unico, era anticlericale e progressista.
La Costituzione prevedeva il controllo messicano sulle risorse interne, includeva l’integrazione indigena attraverso una modesta riforma agraria, tutto questo procurò a Carranza dei pericolosi nemici: i latifondisti messicani e gli investitori americani.
Il presidente diventò una persona indesiderata per la ricca borghesia, a Città del Messico ripresero gli scioperi contro il nuovo governo.
I ricchi latifondisti individuarono nel generale Alvaro Obregòn, precedentemente sul fronte opposto, il nuovo presidente messicano da designare.
Carranza venne assassinato il 21 maggio 1920.
Pancho Villa, nel frattempo sfuggito alla spedizione punitiva guidata dal generale americano J.J. Pershing, venne a patti con il presidente Obregòn.
Villa si ritira a Canutillo, nello Stato di Chihuahua, dove il governo gli assegna un’hacienda: gli viene garantita una scorta personale e l’anticipo per un anno delle spese necessarie per i lavori agricoli.
Villa rimette in attività le terre abbandonate di Canutillo, vi costruisce una scuola e ne fa un fiorente villaggio.
Il 20 luglio 1923 alle 8.30, a Hidalgo Parrai, Villa venne assassinato.
Mentre tornava a casa, dopo aver assistito al battesimo del figlio di un suo caro amico, Pancho Villa cade vittima di un attentato, alcuni sicari l’uccisero mentre era sulla sua auto.