Frida Kahlo
Magdalena Carmen Frieda Kahlo y Calderòn nacque il 6 luglio 1907 a Città del Messico, nel quartiere di Coyoacàn. Il padre, Wilhelm, era figlio di ebrei ungheresi emigrati in Germania, dove era nato, all’età di vent’anni, in seguito ad un trauma cranico, iniziò a soffrire d’attacchi epilettici che lo indussero a troncare una brillante carriera universitaria per emigrare in Messico. Qui Wilhelm cambiò il suo nome in Guillermo e sposò, in seconde nozze, Matilde Calderòn.
Tre anni dopo la nascita di Frieda scoppiò la rivoluzione messicana e Frieda, sentendosi figlia della Rivoluzione, cambierà la sua data di nascita sostenendo di essere nata il 7 luglio 1910, non solo, alla vigilia della Seconda Guerra Mondiale cambierà il nome in Frida, sostenuta da Emiliano Zapata e Pancho Villa.
All’età di sei anni la piccola Frida fu colpita dalla poliomielite che la costrinse a restare a letto per lunghissimi mesi; lei stessa ricorda “un orribile dolore al muscolo della gamba destra…”.
Proprio questo insieme di concentrazione su se stessa quasi ossessiva ed estroversione, che caratterizzarono il carattere dell’artista in età adulta, nacque dalla sensibilità ferita di una bambina malata e spesso isolata dai gioghi dei coetanei.
Una volta guarita la gamba rimase più sottile, ma Frida praticò moltissimi sport, aiutata anche dalla sua indole molto vivace che le permise, quando entrò nel 1922 alla scuola nazionale Preparatoria, di stringere numerose amicizie.
Fu proprio nel 1922 che il Ministro per l’educazione incaricò alcuni artisti di dipingere dei murales nella scuola Preparatoria, qui Frida conobbe Diego Rivera che diventerà suo marito.
Diego aveva trentasei anni, era molto grasso, assai brutto, ma era anche un artista geniale, famoso in tutto il mondo, che riscuoteva numerosi successi fra le donne, aveva alle spalle due matrimoni falliti e due bellissime modelle erano sue amanti.
Frida s’infatuò di lui, forse era la classica cotta d’adolescente per il grande artista, ma con le sue compagne lo scherniva chiamandolo “Viejo panzòn” (vecchio ciccione); si divertiva inoltre ad eccitare, l’una contro l’altra, la gelosie delle due modelle, forse era anche un modo per attirare su di sé l’attenzione del grande artista.
A 15 anni Frida si innamorò di uno studente, Alejandro Gomez Aria, erano insieme il tragico e funesto giorno in cui Frida diciassettenne si trovò su un autobus che si scontrò con un trenino, il grande trauma che sconvolse la vita di Frida accadde il 17 settembre 1925: l’autobus, sul quale viaggiava, fu travolto da un tram.
Nella collisione morirono quattro persone e Frida fu trafitta da un’asta metallica che la trapassò in due all’altezza del bacino, le fratturò in tre punti la colonna vertebrale nella regione lombare, la gamba sinistra riportò undici fratture.
I primi soccorritori tra i quali il “fidanzatino” della ragazza si trovarono davanti uno spettacolo agghiacciante e sontuoso, un passeggero recava con sé un sacco di polvere dorata che, nell’urto, si era rotto ed il contenuto si era sparso sul corpo di Frida: quasi esanime la ragazza sembrava una statua insanguinata e coperta d’oro.
Della lunghissima e dolorosa degenza in ospedale Frida ricordava che “… la morte di notte danzava intorno al suo letto…”.
Dall’incidente i temi centrali della sua vita diventarono il dolore, la forza, il sangue e la vita.
Il tormento fisico e morale di questa creatura sensibilissima, sofferto durante i lunghi mesi di convalescenza, si rivela attraverso le disperate lettere che scrisse al fidanzato Alejandro che, rimasto illeso nell’incidente, nel frattempo viaggiava in Europa.
La prima opera di Frida risale proprio a questo periodo: è un autoritratto destinato ad Alejandro, il cui amore si stava esaurendo con gran dolore della ragazza, eseguito nel settembre 1926.
E’ un ritratto malinconico, la mano destra sembra sporgere come per chiedere qualcosa la dicitura dice: “Frida a 17 anni“, in realtà ne aveva 19.
Il loro amore era finito ma l’amicizia restò per tutta la vita.
Frida si dedicò con passione alla pittura e nonostante il dolore fisico e psichico dei postumi dell’incidente continuò ad essere una ragazza ribelle, anticonformista e vivacissima come era stata prima.
Una foto di famiglia la ritrae abbigliata come un ragazzo, con i capelli neri cortissimi e un’aria scanzonata.
Di certo non doveva essere facile nel centro America degli anni Venti abbigliarsi in modo tanto inusuale.
Frida era bella, nei suoi tratti si mescolavano quelli slavi del padre e quelli indios della madre, aveva una dolcezza intensa e si ritrasse nei quadri meno bella di quanto appare nelle fotografie.
Da questo momento in poi la vita della giovane donna divenne un autentico calvario, una lotta estrema contro il dolore ed il decadimento fisico. Subì, in tutta la vita, circa trentadue interventi chirurgici alla spina dorsale, all’ultimo anche l’amputazione della gamba destra.
La forzata immobilità avvicinò Frida alla pittura, il riassunto della sua tragedia lo vediamo in un dipinto del 1944 intitolato “La colonna spezzata“. In esso si vede il corpo dell’autrice, aperto in due parti tenute insieme dal busto ortopedico, al posto della spina dorsale deteriorata c’è una colonna ionica spezzata che simboleggia la sua vita sostituita da un rudere che sta andando in pezzi.
Nel 1928 Frida si era abbastanza rimessa per poter condurre una vita quasi normale; ormai avviata sulla strada della pittura, fu proprio quest’arte che la riportò ad incontrare il grande Diego Rivera. Lo cercò per mostrargli i suoi disegni “da professionista a professionista”.
Diego rimase colpito sia dai quadri, che rivelavano un talento ed un’immaginazione non comuni, sia dalla loro autrice.
I due si sposarono il 21 agosto 1929, nonostante l’opposizione della cattolicissima Matilde Calderòn che non accettava il fidanzato della figlia perché era: “troppo vecchio, grasso, ateo e per giunta-marxista!”.
Il primo neo tra i due sposi fu la feroce gelosia di Frida, sulle prime molto ben simulata, nei confronti della disinvoltura sentimentale del marito, inoltre la novella sposa si doleva di non poter avere figli a causa dell’incidente.
Nel 1930 i coniugi Rivera partirono per gli Stati Uniti, Diego aveva accettato l’incarico di dipingere i murales nel Luncheon Club della Borsa di San Francisco.
Frida ne approfittò per farsi visitare da un famoso chirurgo osseo, il cui referto non fu incoraggiante, Infatti le furono diagnosticate un’accentuata scoliosi e la mancanza di un disco vertebrale.
In questo periodo Frida dipinse il ritratto “Fida e Diego”, dove sono rappresentati come sposi novelli.
Diego appare enorme accanto alla moglie (era arrivato a pesare 150 chili), tiene in mano la tavolozza dei colori, simboleggiante la grandezza della sua arte, Frida invece è eterea, fragile e sottomessa nel suo appoggiarsi all’enorme marito, ma il suo sguardo è acuto e ironico.
Durante il periodo trascorso a Detroit, la maturazione di Frida come artista fu dovuta ad alcuni eventi per lei molto dolorosi.
L’assenza quasi totale del marito, completamente assorbito dal lavoro, la noia dovuta alla solitudine e, più doloroso di tutti, la perdita del bambino che attendeva.
A questo shock Frida reagì nell’unica maniera di cui era capace, ossia dipingendo una serie di autoritratti inquietanti e sanguinari, come, ad esempio, “Frida e l’aborto” e “Ospedale Henry Ford“.
Nel mese di febbraio dell’anno seguente (1932) il pubblico e la stampa incominciarono ad accorgersi del suo talento artistico non era più solo la Senora Rivera” ma “Frida Kahlo y Rivera”, pittrice a pieno titolo.
Ma il suo sogno era il ritorno in patria, odiava e disprezzava l’America tanto quanto ne era entusiasta il marito; nel 1933, comunque, tornarono insieme in Messico nella nuova casa, due “cubi” gemelli in stile messicano – moderno, blu per Frida, rosa per Diego.
L’amarezza dei frequenti tradimenti del marito trasformarono la giovane in una moglie non più adorante, ma, tuttavia, complice del marito, specie nell’impegno politico.
Nel 1937 fu la stessa Frida, in assenza di Diego, trattenuto in ospedale per un disturbo renale, ad accogliere l’esule Lev Trockij e la moglie, che ospitò nella sua casa per un certo periodo di tempo.
Ormai trentenne Frida non passava inosservata sia per il suo spirito, mordace e “colorito” sia per il suo modo di vestire alquanto stravagante, indossava il classico costume delle donne messicane, composto di una camicia bianca ricamata, una lunga gonna rossa o viola, ed uno scialle ricamato.
Era solita acconciarsi i lunghi capelli neri con nastri colorati e fiori di buganvillea, adorava i gioielli (che il marito le regalava con generosità), sia che fossero preziosi, folcloristici, o provenienti dalle bancarelle dei mercati.
Una simile creatura non poteva non colpire l’esule russo che ne rimase infatuato; dal canto suo la giovane donna comprese che una relazione con l’idolo politico del marito sarebbe stata una perfetta vendetta per tutti i tradimenti subiti.
Ma già dopo pochi mesi la storia aveva stancato Frida, che ne decise la fine nonostante le accorate suppliche dell’amante: ormai era giunta al punto di ridere apertamente delle infedeltà del marito, ma anche di saper coltivare le proprie in segreto data la gelosia di Diego.
Nel 1938 A. Breton, poeta e saggista surrealista, venne a conoscenza delle opere della pittrice messicana e ne fu tanto entusiasta da organizzarle una mostra a New York che si rivelò un successo.
Frida si rallegrò per l’apprezzamento, l’ammirazione tributatele dall’ “Élite” culturale, ma non poteva girare per la città, né frequentare musei o locali poiché i postumi dell’incidente erano tornati a tormentarla.
L’anno seguente, nonostante il dispiacere di lasciare il marito al quale comunque era affezionata, Frida partì verso un’Europa che si stava preparando ad entrare in guerra.
Se la mostra organizzata a Parigi non fu un successo economico, il Museo del Louvre acquistò il ritratto intitolato ” La cornice” (oggi esposto al Museo d’Arte Moderna del Centro Pompidou), non mancarono gli ammiratori fra cui Kandiskij, Pablo Picasso, che rimase incantato dalle qualità artistiche di Frida, e, il più entusiasta di tutti, lo stesso Diego Rivera, fiero del successo della moglie.
L’anno seguente i coniugi Rivera divorziarono a modo loro, cioè continuando a frequentarsi e a ricevere insieme gli ospiti; non sono molto chiare le cause che portarono i due alla separazione, girarono molte chiacchiere e congetture più o meno fantasiose, tirando in ballo sia la salute di Frida, sempre più fragile, sia i numerosi tradimenti di Diego.
Il dolore di Frida è leggibile nel quadro intitolato “le due Frida” in cui si sdoppia la personalità della pittrice.
Dopo l’assassinio di Trockji (24 maggio 1940) e la partenza di Diego per gli Stati Uniti, Frida si ammalò in modo grave ed un medico statunitense, consultato dal marito, decise di ricoverarla immediatamente a San Francisco, le ordinò l’astensione dagli alcolici e le prescrisse una cura a base di calcio.
La salute della giovane donna andò rapidamente migliorando al punto tale di annunciare le sue prossime nozze con… l’ex marito!
Gli anni quaranta rappresentano il periodo d’oro della sua carriera artistica: grazie anche alla fama ottenuta all’estero, Frida partecipò alla “Mostra internazionale del Surrealismo” di Città del Messico, le furono assegnati lavori su commissione e l’incarico di insegnante alla “Esmeralda”, la scuola di pittura e scultura del Ministero dell’Educazione Pubblica.
Ma tutti questi incarichi, sebbene gratificanti, finirono per ripercuotersi sulla sua salute già compromessa, non volendo rinunciare all’insegnamento, invitava gli allievi a lavorare a casa sua, che già di per sé, era fonte d’ispirazione.
Oltre ai cani, gatti, scimmie, oltre alle piante esotiche ed al cerbiatto dei Rivera, c’era anche la notevole collezione di statue precolombiane per le quali Diego nutriva una vera e propria passione.
Ma, come accennato sopra, la salute ritornò a peggiorare, i dolori alla spina dorsale erano diventati insopportabili, per cui Frida venne di nuovo chiusa in un busto ortopedico di metallo per tenere la colonna vertebrale in tensione continua, affinché le vertebre non si schiacciassero.
Poi, nel 1946, dovette affrontare un delicatissimo intervento, quattro vertebre vennero saldate ad un’asta metallica lunga quindici centimetri, l’intervento riuscì, ma i dolori tornarono a torturarla poco dopo, era l’inizio di un calvario che durò alcuni anni.
Nel 1953 Lola Alvarez Bravo organizzò una mostra personale di Frida nella “Galerìa de Arte Contemporaneo” che fu un enorme successo, addirittura la folla intervenuta creò un ingorgo di traffico; date le precarie condizioni di salute (aveva subito un altro trapianto osseo) era escluso che l’artista sarebbe intervenuta, invece Frida strabiliò tutti i presenti comparendo, in barella, e ricevendo le congratulazioni in un letto a baldacchino al centro della galleria.
Fu uno degli ultimi sforzi della povera donna, poco dopo dovettero amputarle la gamba destra ormai deformata e degenerata.
Nei mesi seguenti il morale di Frida era talmente basso, che cadde in una profonda depressione e tentò varie volte il suicidio.
Per tutta la vita Frida e Diego lottarono in difesa degli oppressi e undici giorni prima di morire la pittrice volle recarsi, nonostante il parere contrario dei medici, ad una manifestazione contro la caduta in Guatemala del governo democratico di Jacobo Arbenz Guzman, caduta provocata dalla Cia statunitense.
Una foto la ritrae con uno sguardo intenso in mezzo a tanta gente.
Sotto l’effetto delle droghe calmanti, sempre più massicce, la sua mente andava degenerando, quando era lucida, diventava nervosa fino all’isterismo; Diego era talmente disperato che confidò ad un amico “… la ucciderei, se ne fossi capace, non posso tollerare di vederla soffrire così…”.
I primi giorni di luglio del 1954 fu colpita da un attacco di broncopolmonite che dette il colpo di grazia all’organismo tanto debilitato, morì il 13 luglio 1954, pochi giorni dopo aver compiuto 47 anni, per un embolo polmonare.
Il corpo di Frida fu composto nella bara ed esposto nel Palazzo delle Belle Arti, il suo funerale, in forma pubblica fu un grande evento popolare; il corpo venne cremato e le sue ceneri conservate in un’anfora precolombiana nella “Casa-azul“.
Nel 1958 fu inaugurato il Museo Frida Kahlo nella stessa casa, nel quartiere di Coyoacàn, ove era nata e vissuta, tuttora è aperto al pubblico e conserva tutti gli oggetti appartenuti alla grande artista.
La Casa Azzurra, meta di migliaia di visitatori, è rimasta intatta, così come volle Diego Rivera che la lasciò al Messico, è una casa meravigliosa, semplice e bellissima, con muri colorati, luce e sole, piena di vita e di forza interiore, come lo fu per tutta la sua vita, la donna che l’ha abitata, Frida Kahlo.
“… E’ la prima volta nella storia dell’arte che una donna esprime con totale sincerità, scarnificata e, potremmo dire, tranquillamente feroce, i fatti e particolari che riguardano esclusivamente la donna. La sua sincerità, che si potrebbe definire insieme molto tenera e crudele, la portò a dare di certi fatti la testimonianza più indiscutibile e sicura; é perciò che dipinse la sua stessa nascita, il suo allattamento, la sua crescita dentro la sua famiglia e le sue terribili sofferenze, e di ogni cosa senza permettersi mai la minima esagerazione né divergenza dai fatti precisi, mantenendosi realista e profonda, come lo é sempre il popolo messicano nella sua arte, compresi i casi in cui generalizza fatti e sentimenti, arrivando alla loro espressione cosmogonica …”
Diego Rivera