Il Messico post rivoluzione

Solo negli anni 30 si avrà un periodo di pace, con l’istituzione del PNM Partito Nazionalista Messicano, che poi divenne il PRI Partito Rivoluzionario Istituzionale, Il PNM riuscì a convincere la maggior parte dei  generali a unire le proprie armate e creare l’esercito messicano, la cui costituzione è considerata come la vera fine della rivoluzione messicana.

Sotto la presidenza di Plutarco Elias Calles seguono anni di relativa stabilizzazione in cui nella vita politica e nell’economia del paese si impone sempre più l’influenza degli Stati Uniti.

Nei sette anni di presidenza, Làzaro Càrdenas fornì  alla rivoluzione messicana una nuova svolta, vengono ripresi i principi della rivoluzione, con un’accentuazione sul contenuto sociale che teneva conto delle esperienze del socialismo europeo e dell’insegnamento della rivoluzione  sovietica.

Diede un impulso notevolissimo alla riforma agraria, distribuendo alle comunità  indigene più di 18 milioni di ettari di terra, nazionalizzò le ferrovie, svolse un’accanita lotta all’analfabetismo e  accolse alcuni rifugiati politici.

L’asilo politico che Càrdenas concede a Lev  Trockij (conosciuto anche con il nome di Trotskijche fu ospitato da  Frida Kahlo e suo marito Diego Rivera) fu una piccola, importantissima, manifestazione di liberalità e indipendenza di un governo.

Fu anche  l’autore del più importante atto del nazionalismo messicano postrivoluzionario, il 18 marzo 1938 promulgò il decreto di espropriazione delle proprietà  petrolifere delle compagnie straniere, affidando l’amministrazione alla  confederazione dei lavoratori messicani, attenuò la politica antiecclesiastica, che cessò definitivamente con il  suo successore Manuel Avila Camacho.

Manuel Avila Camacho, presidente dal 1940, leader  dell’Esercito rivoluzionario messicano, fu eletto presidente del Messico nel  1940 e mantenne l’incarico fino al 1946, anno in cui si ritirò dalla vita politica.

Avila Camacho dichiarò pubblicamente la sua  fede cattolica e, nel 1942 risarcendo sia i proprietari terrieri sia quelli  petroliferi espropriati, sostenne una politica di pace.

Si riavvicinò gradualmente agli Stati Uniti, ottenendo prestiti e ingenti aiuti.

Nel 1942 il  Messico partecipò alla seconda guerra mondiale a fianco degli americani.

Avila  Camacho fu sostituito alla presidenza da Miguel Alemàn Valdès (dal 1946 al 1952) che continuò la politica interna ed estera del suo predecessore.

Il suo successore, Ruiz Cortines (dal1952 al 1958), si trovò a fronteggiare  una crisi economica sempre più grave, si deve a lui, con l’emendamento alla costituzione nel 1953, che si accordò il voto alle donne.

Adolfo Lòpez Mateos (dal 1958 al 1964), dovette far fronte a una serie di scioperi da parte di quasi tutte le categorie di lavoratori, i  Messicani erano esasperati dall’alto costo della vita.

In politica estera  rifiutò l’appoggio ad azioni contro Fidel Castro a Cuba.

Gustavo  Dìaz Ordaz (dal 1964 al 1970) candidato del PRI e già ministro  degli interni nel 1958, impostò la campagna elettorale sulla solidarietà   verso i contadini poveri.

Anche se ci fu un massiccio investimento di capitali da parte dei stati Nord Americani, egli  riuscì a mantenere una certa indipendenza politica da Washington, con il rifiuto di aderire alla decisione dell’Organizzazione degli stati  americani di rompere le relazioni diplomatiche con Cuba, rafforzando peraltro la cooperazione con i paesi dell’America Centrale.

Sotto la sua presidenza si intensificarono le proteste studentesche.

22 luglio 1968, per placare una futile polemica tra studenti  di due licei, intervengono con una gratuita, brutale ferocia i ”granaderos”, i carabinieri messicani, con quella repressione viene violato il principio di autonomia delle università  e delle scuole messicane.

30 luglio, per reprimere una  protesta nell’Università  di Città  del Messico  la polizia usa i bazooka, si ha per risposta la nascita dei comitati di lotta in  tutte le scuole, e di un comitato nazionale a cui aderiscono studenti e  professori, vengono occupate tutte le sedi scolastiche e universitarie di Città del Messico.

Vengono fatte sei  richieste al governo: 

1) liberazione di tutti i detenuti politici;

2) scioglimento dei granaderos,

3)dimissioni del capo della polizia,

4) risarcimento alle famiglie delle vittime della repressione,

5) punizione per i responsabili delle azioni repressive,

6) abrogazione degli articoli del codice penale che limitano il diritto a manifestare.

1° settembre: il presidente Gustavo Diaz Ordaz accusa gli studenti di voler sabotare gli imminenti giochi olimpici rompendo ogni  trattativa.

18 settembre: l’Università  viene occupata dall’esercito e  vengono arrestati centinaia di studenti e professori, il rettore Javier Barrios Siena per protesta si dimette.

3  ottobre: migliaia di studenti   si erano radunati a Tlatelolco (piazza delle Tre culture), a nord del centro. Polizia e esercito spararono all’impazzata,  dopo avere bloccato le uscite della piazza, contro gli studenti: ancora oggi non si conosce il numero esatto delle vittime, comunque furono centinaia di studenti a perdere la vita in quel  massacro.

Una testimonianza diretta è¨ riportata  dalla scrittrice italiana Oriana Fallaci nel suo libro ”Niente e così sia” la scrittrice, allora giornalista,  si trovava nella piazza  durante gli scontri e venne colpita da una raffica di mitra, anche la scrittrice Elena Poniatowska scrisse  un libro sull’evento (La noche de Tlatelolco), raccogliendo sul luogo le dichiarazioni di gente comune e di varie personalità,  tra cui la stessa Fallaci.

L’indignazione per il massacro non impedirà  comunque la regolare apertura dei giochi olimpici, iniziati a Città  del Messico  il 12 ottobre del 1968, a pochi giorni dalla strage di piazza delle Tre  culture.

Innumerevoli manifestazioni studentesche vengono organizzate in Europa e negli Usa in solidarietà  con gli studenti messicani, le manifestazioni in  tutto il mondo non servono a fermare il ”businnes dei giochi.

Anche se il governo Dìaz adottò  una linea ”morbida”  rilasciando una  parte dei detenuti politici, le agitazioni studentesche ripresero e ad esse si  aggiunsero episodi di guerriglia nelle città  e nelle campagne.

Luis Echeverrìa Alvarez (dal 1970 al 1976), candidato del partito rivoluzionario istituzionale (PRI), espresse subito una volontà  riformatrice,  agraria e fiscale.

Il governo di Echeverrìa nazionalizzà l’industria mineraria,  concesse crediti ai piccoli proprietari terrieri e tenne un’intensa lotta  all’analfabetismo.

La vasta popolarità  del presidente, però, non impedì  l’esplosione di manifestazioni, anche violente, dirette contro il suo partito, al potere da circa 40 anni.

Consolidò i legami con i paesi latinoamericani,  intensificando i rapporti con il Mercato Comune Centroamericano e con  l’ Associazione Latinoamericana di Libero Scambio.

Nel 1972 rafforzò i rapporti commerciali con il Giappone, stabilì relazioni diplomatiche con la Cina e con la  Germania Orientale.

Ma è stata anche l’epoca che ha registrato il maggior numero  di vittime della repressione ufficiale, con centinaia omicidi politici,  sparizioni e migliaia di arresti illegali e torture.

Con Echeverrìa il Messico  appoggiò (anche se non ufficialmente, ma di fatto) la politica statunitense contro il rischio del “comunismo”, portando avanti una personale ”crociata”  anticomunista.

Luis Echeverrìa, indicato nel 2004 da numerose organizzazioni sociali come il peggiore dei genocidi, artefice della ”guerra  sporca messicana”, non è stato condannato dal pubblico ministero Ignacio  Carrillo Prieto, nominato espressamente dall’attuale presidente Vicente Fox, a condurre un’indagine per stabilire la responsabilità  penale dei membri  dell’allora regime, solo perchè i fatti sono andati in prescrizione).

Josè Lopez Portillo (dal 1976 al 1982), eletto alla presidenza, si trova a dover fronteggiare una delle più dure crisi economiche, il debito estero era diventato  insostenibile e incontrollabile, con circa sei milioni di disoccupati, il malcontento dei contadini ormai senza terra e sempre più poveri e la crescente  guerriglia nel Chiapas.

Le minacce americane di ritorsioni se il Messico avesse aderito all’OPEC provocò una massiccia fuga di capitali verso gli USA che  accresceva sempre più la crisi.

Portillo decise di seguire la politica estera del suo predecessore, ma con una politica interna diversa, avvia una riforma  politica che riapre il parlamento ai partiti di opposizione, legalizzando il Partito Comunista, il Partito Socialista dei Lavoratori e il Partito Democratico.

Mitiga le rivendicazioni sindacali e organizza il primo piano quinquennale che prevede il finanziamento di molti programmi socioeconomici aumentando l’esportazione del petrolio, nazionalizzo il sistema bancario,  imponendo il controllo sui cambi.

Il  crollo dei prezzi petroliferi, all’inizio degli anni Ottanta, costringeva il governo a contrarre ulteriori debiti e Portillo varò un piano di austerità  per  frenare l’inflazione.

In uno storico discorso all’Assemblea Generale dell’ONU (ottobre 1982), Lopez Portillo  disse: “Non possiamo paralizzare le nostre economie o sospingere la  popolazione in un maggiore immiserimento per pagare un debito, il servizio del  quale è triplicato senza una nostra partecipazione o responsabilità , e con dei  termini che ci sono stati imposti… Voglio dirlo solennemente: noi paesi del  Sud non abbiamo commesso alcun peccato nei confronti dell’economia mondiale, la riduzione del credito disponibile per i paesi in via di sviluppo ha implicazioni gravi, non solo per questi stessi paesi, ma anche per la produzione e  l’occupazione dei paesi industriali. Poniamo fine a questo circolo vizioso perchè potrebbe essere l’inizio di una nuova epoca buia medievale, senza la  possibilità  di un rinascimento”  Portillo aveva sperato che i governi di Argentina e Brasile  l’appoggiassero, ma non ne ebbero il coraggio lasciandolo da solo in quella dura battaglia.

Miguel de la Madrid Hurtado (dal 1982 al 1988) si trovò a governare un paese prostrato da un elevatissimo tasso inflazionistico, disoccupazione crescente, la  guerra tra i contadini e latifondisti, l’arrivo nel Chiapas di circa centomila  profughi guatemaltechi, in maggioranza indios, per sfuggire ai massacri che si  compiono nel loro paese.

L’apertura di una nuova miniera d’argento e la nazionalizzazione delle banche per arginare l’esportazione dei capitali ( che  creò non poco scontento tra i settori medioalti della finanza) non apportarono  significativi miglioramenti.

Fu costretto a varare un nuovo piano di austerità   nel Luglio 1985 suscitando ulteriori tensioni sociali. Sempre nel 1985 si trovò a fronteggiare un nuovo dramma, il paese fu colpito da uno spaventoso terremoto  che provocò  trentamila vittime, mezzo milione di senzatetto e ingenti danni. (tre anni più tardi l’uragano Gilbert devastò la penisola dello  Yucatàn).

Nel Novembre 1987 ha avuto luogo una riunione dei capi di Stato e di governo di Messico, Argentina, Brasile,  Colombia, Panama, Perù, Uruguay e Venezuela, nella quale è stata richiesta una  riduzione degli interessi sul debito estero ed è stato proposto l’avvio di un progetto comune di sviluppo per l’America latina.

Carlos Salinas de Gortari (dal 1988 al 1994) assunse la carica presidenziale, in seguito a elezioni vinte di misura i cui risultati furono  fortemente contrastati dalle opposizioni dando vita a forti manifestazioni di  protesta.

Il nuovo presidente perseguì una decisa politica di privatizzazione e  accentuò il carattere neoliberista della politica economica in modo di attirare capitali stranieri; nell’ottobre 1989 il Messico sottoscrisse con Washington il  più grande accordo commerciale e di investimenti mai concluso tra i due paesi, e  nel dicembre 1992 aderì con gli Stati Uniti e il Canada al NAFTA (l’Accordo di libero Commercio del Nord America, fra Canada, Messico e Stati Uniti è entrato  in vigore il 1 gennaio 1994, sulla base di una revisione e di un approfondimento  di un precedente accordo commerciale fra Canada e Stati Uniti del 1988.  L’inserimento del Messico ha richiesto tre anni di negoziati, dal 1989 al 1992 quando il Trattato è stato firmato) .

La politica economica liberista di Salinas,  pur ottenendo un notevole calo dell’inflazione, non riuscì a ridurre l’enorme  debito estero, ne la povertà  nel paese.

L’Esercito Zapatista di Liberazione Nazionale  (EZLN), un gruppo di  ribelli dello stato meridionale del Chiapas, instaura un vero e proprio ”stato di guerra” nei confronti del governo messicano.

Costituito per far fronte alle condizioni di miseria in cui vivono le popolazioni del Chiapas, il gruppo  conquista due città , prima della dichiarazione del cessate il fuoco; tuttavia,  si riaccendono presto le ostilità .

In marzo, governo e ribelli annunciano un accordo di pace basato su riforme e aiuti alle popolazioni del Chiapas.

Ernesto  Zedillo Ponce de Lèon (Dal 1994 al 2000) vince le elezioni in un clima di grande tensione.

Alle consultazioni legislative del 1997 il PRI, che da quasi settant’anni dominava la politica del paese, è stato sconfitto per la prima volta dal Partito di Opposizione Nazionale (PAN, di centro-destra), che ha  conquistato la maggioranza alla Camera bassa.

La presidenza di Zedillo coincide con il crollo della moneta e il conseguente indebitamento con l’estero.

In Chiapas la lotta degli zapatisti viene tragicamente repressa, il 22  dicembre 1997, ad Acteal, in un vero e proprio massacro che non ha risparmiato uomini, donne e bambini componenti una popolazione inerme, i componenti di un gruppo  paramilitare uccidono 45 persone.

L’EZLN proclama “autonomi e ribelli” 38  municipi dello Stato.

Il 10 febbraio 1995 Zedillo, in un messaggio alla nazione, rivelò  l’identità  del subcomandante Marcos, leader e stratega militare dell’EZLN, come Rafael Sebastian Guillen Vicente, e di altri dirigenti  dell’EZLN e fa scattare gli ordini di cattura.

L’Esercito attacca i ribelli,  l’EZLN non risponde e si ritira. 

Guadalupe Tepeyac, quartiere generale degli zapatisti, è occupata dalle truppe federali.

Non riuscendo a schiacciare i ribelli, il Governo si vede obbligato a riprendere il dialogo, si firmano gli  Accordi di San Miguel, che stabiliscono le regole degli incontri e inizia il  dialogo a San Andrès Sacamchèn.

Al dialogo, oltre alle due parti, partecipa la società  civile, come osservatrice.

Nei mesi seguenti, l’EZLN promuove una  consultazione in tutto il paese, risponde più di un milione di persone che  chiedono all’EZLN di diventare una forza politica, indipendente e nuova.

Nasce il Fronte Zapatista di Liberazione Nazionale (FZLN).

Nel  1998, sotto il governo ad interim di Roberto Albores , la difesa dell’autonomia costò morti, carcere ed esilio a molte comunità  zapatiste, la corruzione  criminale che ha percorso il mandato di Julio Cèsar Ruiz Fierro e Roberto  Albores , continua a mostrare i suoi  segni nella zona nord, nel los Altos, nella selva e alla frontiera con il  Guatemala.

I gruppi paramilitari sono intatti ed i loro ben documentati crimini, impuniti.

Nel frattempo, oltre al  conflitto con le popolazioni del Chiapas, è in atto una protesta degli studenti che hanno occupato l’Università  di Città  del Messico: nel febbraio 2000 vi è stato un pesante intervento per sgomberare l’Università  e molti studenti sono  stati incarcerati.

Vicente Fox (ex presidente per l’America latina della CocaCola e governatore dello stato di  Guanajuato dal 1995, strettamente legato agli Usa e  alla loro politica) si aggiudicò la presidenza del Messico nelle elezioni del luglio 2000, quando battè il candidato del PRI.

La vittoria di Fox aprì nel paese, dopo settantuno anni di  incontrastato dominio “priista”, un’inedita stagione politica. Vicente Fox e Pablo  Salazar Mendiguchìa hanno vinto le elezioni del 2000 impegnate nel cambiamento, ma non hanno disattivato la guerra regolare latente ne la guerra irregolare in corso.

Non hanno dato soluzione alle richieste zapatiste, che sono le richieste degli indigeni di tutto il Messico. 

Dopo otto anni, la rivolta zapatista conserva la sua validità  con il  carattere d’urgenza del 1994.

Il 30  gennaio 2003 una serie di 12 comunicati (le 12 “stele”) del subcomandante Marcos  descrive le situazioni di ingiustizia e la resistenza in atto in Messico.

Il 31  gennaio 2003, nella capitale, centomila manifestanti chiedono la revisione del  capitolo agricolo del trattato di libero commercio del Nordamerica  (Nafta), nella regione dei Montes Azules, riprendono le minacce di aggressione contro gli insediamenti di desplazados, organizzazioni indigene denunciano alla Commissione per i  diritti umani dell’Onu che proseguono in Messico “gravi, sistematiche e reiterate violazioni delle libertà  e dei diritti dei popoli indigeni”. 

Una  serie di comunicati dell’EZLN (la tredicesima “stele”) annuncia cambiamenti  interni e una ristrutturazione delle relazioni con la società  civile nazionale e internazionale.

Gli zapatisti decidono di sospendere qualsiasi contatto con il  governo messicano e i partiti politici.

Il subcomandante Marcos è designato  temporaneamente portavoce dei municipi autonomi.

Il 7 agosto 2003 a Huehuetla, nella Sierra nord di Puebla, viene uccisa Griselda Tirado Evangelio, difensore dei diritti umani e  fondatrice della Organizaciòn Independiente Totonaca

La segretaria generale di Amnesty International, Irene Khan, presenta il rapporto Muertes intolerablesMèxico: 10 años de desapariciones y asesinatos de  mujeres en Ciudad Juarez y Chihuahua, in cui si evidenzia “l’inefficacia, la  negligenza e l’incapacità  delle autorità  messicane” per indagare gli omicidi di più di 300 donne (e le 500 desaparecidas) negli ultimi 10 anni a Ciudad  Juarez.

E’ il più lungo serial killing della storia, definito dalla  stampa un feminicidio.

Il 28 novembre più di duecentomila persone manifestano nello Zocalo di Città  del Messico contro la privatizzazione del settore elettrico  promossa dal presidente Fox

Il 23 dicembre, a Queretaro, viene liberato il  penultimo prigioniero zapatista.

Delle tre condizioni poste dall’EZLN per la ripresa dei dialoghi di pace, il governo deve ottemperare ancora alla più  importante:

L’approvazione di una ley indigena che recepisca gli accordi di San Andrès.

Nemmeno il nuovo governo  ha fermato la guerra.

I legislatori non hanno obbedito al reclamo indigeno che  si fa sentire nel Messico del nuovo secolo.

Dall’esperienza dei popoli indios, il paese non è cambiato, e se possiamo anche riconoscere che è cambiato negli  ultimi anni, questo è in buona misura grazie alla rinascita dei popoli indigeni  ed alla chiarezza delle loro rivendicazioni.


TrotskijFrida Kahlo – Diego RiveraEZLN

subcomandante MarcosMarcos: culo e carisma (di Enzo G. Baldoni)