Storia dell’India
La storia dell’India
(Storia di Gandhi) – (Storia di Indira Gandhi)
- La prima civiltà importante dell’India prosperò per mille anni, dal 2500 a.C. circa, sulle rive del Fiume Indo. Le città più importanti erano Mohenjodaro e Harappa (che attualmente si trova in Pakistan), dove fiorì una complessa civiltà governata da una classe di sacerdoti, nella quale si possono rintracciare le origini dell’induismo.
- Gli invasori ariani razziarono il sud partendo dall’Asia centrale tra il 1500 e il 200 a.C., assicurandosi il controllo dell’India settentrionale fino alle colline di Vindhya nell’attuale Madhya Pradesh (spingendo a sud gli abitanti originari della zona, i dravida) introdussero le proprie divinità e tradizioni, allevamento del bestiame e abitudine di mangiare carne.Durante questo periodo si formalizzò il sistema delle caste che separava gli ariani dagli indiani loro sottomessi e garantiva la posizione di prestigio dei brahmani (sacerdoti).
Durante questo periodo si formalizzò il sistema delle caste che separava gli ariani dagli indiani loro sottomessi e garantiva la posizione di prestigio dei brahmani (sacerdoti).
Il buddhismo sorse intorno al 500 a.C. e la sua condanna delle caste costituì la più grande sfida all’induismo brahmanico. Il buddhismo cominciò a sovrapporsi radicalmente all’induismo nel III secolo a.C., quando fu abbracciato dall’imperatore dei maurya, Ashoka, che regnò su una parte di India maggiore rispetto a qualunque sovrano successivo fino alla dinastia dei Moghul.Dopo il crollo dei maurya diversi imperi sorsero e crollarono, ma il più straordinario fu quello dei gupta, che durò dal IV secolo d.C. fino al 606.
Fu un’età dell’oro per la poesia, la letteratura e l’arte e alcune delle opere più preziose furono eseguite ad Ajanta, Ellora, Sanchi e Sarnath. In questo periodo vi fu un ritorno all’induismo ed ebbe inizio il declino del buddhismo.
L’invasione degli unni segnò la fine dei gupta e il nord dell’India si divise in vari regni hindu autonomi; per una vera riunificazione occorrerà aspettare l’arrivo dei musulmani.L’estremo sud dell’India non fu interessato dall’ascesa e dalla caduta dei regni del nord e l’induismo, in questa regione, non è mai stato minacciato dal buddhismo o dal giainismo.
La prosperità del sud si basava sui consolidati rapporti commerciali con egizi, romani e l’Asia sudorientale. Tra i grandi imperi sorti nel sud vi furono i pandya, i chera, i chalukya, i pallava e i chola.Mentre i regni hindu dominavano il sud e il buddhismo andava estinguendosi al nord, dal Medio Oriente i musulmani iniziarono a penetrare nell’India.
Nel 1192 il potere musulmano si insediò definitivamente e nel volgere di 20 anni l’intero Bacino del Gange fu sotto il suo controllo.I sultani di Dehli, però, erano un gruppo inconsistente e l’islam non riuscì a penetrare al sud, che restò sotto l’impero hoysala dal 1000 al 1300 d.C.
Due grandi regni sorsero poi nell’attuale Karnataka: il potente regno hindu di Vijayanagar, la cui capitale aveva sede nella bella Hampi, e il regno musulmano Bahmani che si frammentò in cinque domini, quelli di Berar, Ahmednagar, Bijapur, Golconda e Ahmedabad.
Gli imperatori moghul spiccano nella storia indiana. Marciarono nel Punjab dall’Afghanistan, sconfissero il Sultano di Delhi a Panipat nel 1525 e aprirono le porte a una nuova età dell’oro per l’architettura, l’arte e la letteratura. La loro ascesa al potere fu rapida, ma ugualmente veloce fu il loro declino e tra gli imperatori Moghul soltanto sei furono davvero grandi.
L’impero Maratha crebbe durante il XVII secolo grazie alle grandiose imprese della casta inferiore degli Shivaji, e gradualmente si impossessò di parti sempre più grandi del regno dei Moghul.
I Maratha consolidarono il loro controllo sull’India centrale, finché non caddero sotto l’ultima grande potenza imperiale, quella britannica.Il potere britannico in India fu inizialmente esercitato dalla Compagnia della Indie Orientali, che creò una stazione commerciale a Surat, nel Gujarat, nel 1612.
Gli inglesi non furono i primi né gli unici europei presenti in India nel XVII secolo: i portoghesi avevano il controllo di Goa dal 1510 (ancor prima che i moghul arrivassero in India) e anche francesi, danesi e olandesi avevano stazioni commerciali.
Il potere della Gran Bretagna andò aumentando da quando Clive riprese Calcutta nel 1757 fino alla vittoria britannica nella quarta guerra di Mysore nel 1799.
Il lungo conflitto britannico con i Maratha si concluse infine nel 1803 e quasi tutto il paese finì sotto il controllo della Compagnia della Indie Orientali.Gli inglesi consideravano l’India essenzialmente come una risorsa economica e non si occupavano minimamente della cultura, delle credenze e delle religioni del suo popolo. Incrementarono l’estrazione di ferro e carbone, la coltivazione del tè, del caffè e del cotone e diedero inizio alla costruzione della vasta rete ferroviaria indiana.
Incoraggiarono i proprietari assenteisti perché alleviavano il peso dell’amministrazione e della riscossione delle tasse, creando così una classe di contadini impoveriti e senza terre, problema che è tuttora cronico nel Bihar e nel Bengala occidentale.
L’Ammutinamento Indiano, nel 1857 nell’ India settentrionale, portò alla fine della Compagnia delle Indie Orientali e l’amministrazione del paese fu tardivamente affidata al governo britannico.
I 50 anni successivi furono gli anni d’oro dell’impero sul quale ‘il sole non tramonta mai’.La vera opposizione al governo britannico cominciò all’inizio del XX secolo. Il ‘Congresso’, che era stato fondato per dare all’India un certo grado di autonomia governativa, cominciò a spingere per ottenere un potere reale.
Al di fuori del Congresso, alcuni individui dal sangue caldo affermavano i loro propositi indipendentisti con mezzi più violenti. Alla fine gli inglesi tracciarono una via verso l’indipendenza simile a quelle realizzate in Canada e in Australia.
Nel 1915 Gandi fece ritorno dal Sud Africa, dove aveva esercitato la professione di avvocato, e mise le sue capacità professionali al servizio della causa indipendentista, adottando una politica di resistenza passiva al governo britannico, la “satyagraha”.
La seconda guerra mondiale inferse un colpo mortale al colonialismo e al mito della superiorità europea, e l’indipendenza indiana divenne inevitabile.
All’interno dell’India, tuttavia, la consistente minoranza musulmana cominciò a rendersi conto che un’India indipendente sarebbe stata anche induista.
Nelle elezioni locali si cominciò a registrare un’allarmante crescita dell’autonomismo, con la Lega musulmana, guidata da Muhammad Ali Jinnah, in rappresentanza della stragrande maggioranza dei musulmani, e il Partito del Congresso, guidato da Jawaharlal Nehru, in rappresentanza della popolazione hindu.
L’egocentrico desiderio di potere di Jinnah su una nazione musulmana separata risultò essere l’ostacolo maggiore sulla strada della concessione dell’indipendenza da parte britannica.
Trovandosi di fronte a una situazione di stallo politico e a una crescente tensione, il vicerè, Lord Louis Mountbatten, decise con riluttanza di dividere il paese e velocizzare il processo d’indipendenza. Sfortunatamente, le due regioni a maggioranza musulmana si trovavano alle estremità opposte del paese e questo significava che la nuova nazione musulmana del Pakistan avrebbe avuto una metà orientale e occidentale divisa da un’India ostile.
Quando fu stabilito il nuovo confine si verificò il più massiccio esodo della storia dell’umanità: i musulmani si trasferirono in Pakistan e gli hindu e i sikh si stabilirono in India.
Buona parte della migrazione fu accompagnata da atti di barbarica violenza. Una volta che il caos ebbe fatto il suo corso, oltre 10 milioni di persone avevano cambiato lato e anche secondo le stime più prudenti almeno 250.000 persone erano state massacrate.
Gli eventi finali per giungere all’indipendenza riservavano un’ultima tragedia. Il 30 gennaio 1948, Gandhi, profondamente scoraggiato dalla divisione e dallo spargimento di sangue che l’aveva accompagnata, fu assassinato da un fanatico hindu.
In seguito al trauma della divisione il primo primo ministro indiano Jawaharlal Nehru si fece sostenitore di una costituzione di tipo secolare, di una struttura socialista centralizzata e di una rigida politica di non allineamento. Anche se l’India mantenne in genere relazioni cordiali con gli ex colonizzatori, in realtà si andava avvicinando all’Unione Sovietica, in parte a causa dei conflitti con la Cina e in parte a causa del sostegno statunitense all’acerrimo nemico, il Pakistan, il quale era particolarmente ostile all’India a causa delle pretese che questa avanzava sul Kashmir, dominato dai musulmani.
Scontri con il Pakistan ebbero luogo nel 1965 e nel 1971, uno per la questione del Kashmir e l’altro per il Pakistan orientale/Bangladesh.
Il successivo primo ministro indiano di grande statura fu Indira Gandhi, figlia di Nehru, eletta nel 1966. È tuttora assai apprezzata, ma alcuni ricordano anche che mise in pericolo le fondamenta democratiche dell’India dichiarando lo stato d’emergenza nel 1975.
La signora Gandhi fu assassinata dalle sue guardie del corpo sikh nel 1984 per rappresaglia, a causa della sua sconsiderata decisione di profanare il tempio sikh più sacro, provocando sanguinosi tumulti fra hindu e sikh. La dinastia politica dei Gandhi è continuata quando suo figlio Rajiv, pilota delle linee aeree indiane senza interesse per la politica, si è ritrovato al potere.
Rajiv ha portato al paese una politica nuova e pragmatica. Ha incoraggiato gli investimenti all’estero e l’uso delle moderne tecnologie, ha eliminato alcune restrizioni all’importazione e sostenuto lo sviluppo di molte nuove industrie. Queste misure sono certamente servite a proiettare l’India negli anni ’90 e a risvegliare il paese dal proprio isolazionismo, in parte auto-indotto, ma non hanno dato nessuno stimolo al settore agricolo.
Rajiv ha subito un destino simile a quello di sua madre quando è stato assassinato durante una campagna elettorale nel Tamil Nadu da un sostenitore delle Tamil Tigers dello Sri Lanka.
Dopo Rajiv Gandhi l’India ha avuto tre leader, ciascuno dei quali ha dimostrato di voler continuare a cercare di trascinare un’India recalcitrante nell’economia globale.I pericoli del separatismo in India sono stati evidenti durante la disputa di Ayodhya nel 1992, quando un gruppo di facinorosi hindu assaltarono e distrussero una moschea che credevano fosse stata costruita sul luogo di nascita di Rama.
Il partito nazionalista hindu Bharatiya Janata Party (BJP) si è affrettato a sfruttare una simile opportunità. La corruzione nel Partito del Congresso ha impedito ai sostenitori di un’India laica e tollerante di offrire un’alternativa politica credibile. Il BJP è stato scalzato da un’improbabile coalizione di piccoli partiti conosciuta come United Front (ma soprannominata ‘I 13 perdenti’) che aveva il sostegno del Congresso.
Nel novembre 1997 però il Congresso ha negato tale sostegno, il Lok Sabha si è sciolto e sono state indette le elezioni per il febbraio 1998.Le elezioni sono state vinte da una coalizione guidata dal BJP e Atal Behari Vajpayee è stato eletto primo ministro per la seconda volta.
Malgrado i rischi connessi a una politica separatista, la posizione tradizionalista hindu del BJP ha attratto gli elettori preoccupati di mantenere i valori tradizionali proteggendosi dall’ondata improvvisa delle moderne influenze globali. Se vi capitasse di vedere Baywatch doppiato in hindi e trasmesso via satellite in India, capireste la loro preoccupazione.
Si credeva che la politica estremista del BJP sarebbe stata addolcita dalla presenza di un’ampia gamma di alleati nella coalizione, ma l’ipotesi si è dimostrata errata: poche settimane dopo le elezioni c’è stata la promessa di fare dell’India una potenza nucleare.
Malgrado l’indignazione internazionale, i test nucleari sono stati accolti con ampio entusiasmo in India e hanno causato un’ondata di sostegno per il BJP.Ma a riprova dell’adagio secondo cui in politica una settimana è più lunga di un anno, nell’aprile 1999 Vajpayee ha perso il sostegno della maggioranza in parlamento e si è dovuto ricorrere a un voto di fiducia che lo ha visto sconfitto per un solo voto.
C’era la diffusa speranza che Sonia Gandhi, vedova di Rajiv Gandhi, potesse far rivivere la dinastia politica dei Gandhi portando alla vittoria il Partito del Congresso dopo tre anni di disordini. Ma il parlamento indiano fazioso e frazionato non le ha permesso di assicurarsi una coalizione capace di ottenere la maggioranza dei seggi e l’India è stata costretta a tornare alle urne elettorali per la terza volta in tre anni.
Il BJP è tornato al potere, ma con una diminuzione significativa dei consensi.Il 26 maggio 1999 l’aviazione indiana ha attaccato i guerriglieri islamici del Kashmir per preparare un attacco da terra. L’India accusava il Pakistan di infiltrare soldati e mercenari d’appoggio ai guerriglieri secessionisti nella cosiddetta linea di controllo che divide il Kashmir tra i due stati.
Nonostante l’interessamento della diplomazia internazionale per scongiurare il conflitto, per tutto il 2000 vi sono stati scontri sporadici tra la fazione islamica e le truppe indiane.
Nell’ottobre 2001 sono iniziati gli attacchi suicidi mediante uomini bomba, culminati il 13 dicembre 2001 con l’attentato al parlamento indiano.
Dopo essere stati più volte sul punto di dichiararsi guerra, nell’estate 2002 India e Pakistan hanno siglato un modesto “atto di amicizia “, schierando nel contempo più di un milione di soldati che stazionano sulla linea di confine.A.P.J. Abdul Kalam, un fisico nucleare da anni a capo del progetto Agni, il missile a lunga gittata capace di trasportare a 1.600 chilometri di distanza testate nucleari multiple, dal luglio 2002 è il nuovo presidente.
Kalam è membro dell’Accademia delle scienze indiana e per anni ha diretto il Laboratorio per lo sviluppo e la ricerca sulla difesa. La sua elezione non rappresenta tuttavia un avanzamento verso l’opzione nucleare per risolvere i conflitti in corso nella regione.
Egli ha infatti dichiarato che “senza decisioni politiche, nessun satellite potrà essere messo in orbita e nessun missile raggiungerà mai il bersaglio”.La tensione tra India e Pakistan resta alta e nel marzo 2003 vi sono stati scontri a fuoco nella regione del Jammu-Kashmir, amministrata dall’India. Le due potenze nucleari hanno proseguito i test “di routine ” lanciando i rispettivi missili a corta gittata.
Questa disputa senza fine si è intensificata a maggio in seguito al bombardamento di una base militare indiana in Kashmir in cui sono morte 30 persone. Da allora, al confine, si susseguono bombardamenti e sparatorie.
Il 25 agosto 2003 cinquanta persone sono morte a Bombay nelle terribili esplosioni di due autobombe in pieno centro, nei pressi dello Zhaveri e della Porta dell’India.
La responsabilità della strage è stata attribuita a fondamentalisti islamici e all’organizzazione Lashkar-e-Taiyba, originaria del Pakistan, ma Islamabad ha respinto ogni collegamento con l’azione terroristica.
Sul piano diplomatico e militare si sta profilando un’alleanza sempre più stretta con l’Iran. Quest’ultimo asse comporta che, in caso di guerra contro il Pakistan l’India potrà usare basi in Iran e, parallelamente, l’Iran potrà avvantaggiarsi della tecnologia indiana.
Inoltre entrambi i governi si stanno adoperando nel sostenere il nuovo corso dell’Afghanistan del presidente Karzai.
La sorprendente politica estera indiana include eccellenti rapporti, anche militari, con Israele.Sonia Gandhi ha vinto le elezioni legislative del maggio 2004, risollevando le sorti del Partito del Congresso ma ha dovuto rinunciare a divenire primo ministro a causa delle roventi polemiche contro l’insediamento di una straniera in così alta carica.
Proposto da Sonia Gandhi, Manmohan Singh, considerato come l’artefice delle riforme in India, è il nuovo primo ministro.
Durante una visita ufficiale nella regione, nel novembre 2004, il primo ministro indiano Manmohan Singh ha disposto la riduzione delle truppe indiane nello stato di Jammu e Kashmir, lungo la frontiera con il Pakistan.
Singh ha comunque escluso la possibilità di ridefinire la linea di confine tra India e Pakistan per regolare il conflitto.
Le violenze in quest’area durano da 15 anni, e gli abitanti attendono il ritorno della pace.
Gandhi
Mohandas Karamchard Gandhi, (nato a Portbandar in India il 2 ottobre 1869), detto il Mahatma (soprannome datogli dal poeta indiano R.Tagore che in sanscrito significa “Grande Anima”), è il fondatore della nonviolenza e il padre dell’indipendenza indiana.
Il nome GANDHI significa “droghiere” perché la sua famiglia dovette esercitare per un breve periodo del piccolo commercio di spezie. Nelle ultime generazioni tale famiglia ricoprì alcune cariche importanti nelle corti del kathiawar. Il padre Mohandas Kaba Gandhi era stato il primo ministro del principe rajkot. I Gandhi erano di religione vaishnava, appartenevano cioè ad una setta hindù con particolare devozione per vishnù
Mohandas karamchad Gandhi tra i dieci e i diciassette anni frequentò la “high school” del kathiawar. Compiuti tredici anni, dopo due precedenti fidanzamenti sfumati per la morte precoce delle fanciulle prescelte dai suoi genitori, e da lui neppur conosciute, venne sposato ad una sua coetanea.
All’età di trentasette anni, d’accordo con la moglie, decise di prendere il voto di castità, andando contro ai principi della sua religione. Ebbe un periodo di crisi , in cui egli credette di esser ateo, che si risolse con una confessione scritta al padre. Terminata la “High school” andò al college, dove seguì alcuni corsi, ma senza profitto.
Così il 4 Settembre 1888 Gandhi si imbarcò a Bombay per raggiungere Londra, dove cerca di inserirsi nella società, diventando un gentleman, purtroppo senza i risultati che si era preposto. Perso l’interesse per la società londinese, egli si dedica alla lettura di vari testi, anche di altre religioni, dai quali capisce che la rinuncia è la forma più alta di religiosità che un uomo possa esprimere.
I tre anni trascorsi a Londra da Gandhi furono per lui di lenta ed inconscia maturazione. Ottenuta l’abilitazione alla professione legale, scopo della sua vita a Londra, nel 1891 ritorna in India.
A Bombay lo attende una brutta notizia, la madre è morta da qualche mese.
La professione che esercita non rende abbastanza per sdebitarsi con i fratelli che avevano sostenuto le spese per i suoi studi, quindi decise di partire per il Sud Africa per sbrigare un complicato affare legale per conto di una casa di commercio indiana, in modo da estinguere una buona parte del debito contratto con i fratelli.
Arrivato in Sud Africa ebbe subito le prime esperienze personali, sul treno che doveva portarlo a destinazione, benché munito di biglietto, venne allontanato dallo compartimento di prima classe perché riservato ai bianchi. A Johannesburg per colpa della sua razza non trova albergo. Queste umiliazioni da lui subite non sono dirette soltanto a lui ma a tutta la sua razza. Spinto da un forte orgoglio convoca una riunione con la colonia indiana d’Africa, dove per far sì che tale gente venga accettata dalla collettività, esorta i commercianti ad essere il più onesti possibile, ad avere più cura della pulizia personale e a dimenticare le differenze di casta.
Si offre per impartire lezioni di inglese gratuitamente, in modo da istruire la gente che non lo sapesse, fonte di imbrogli e vari raggiri. Successivamente prende contatto con le autorità ferroviarie con le quali raggiunge un patto per cui gli indiani, ben vestiti ed ordinati, potranno usufruire del servizio ferroviario di prima o seconda classe.
Dopo un anno di permanenza in Sud Africa, ed ormai risolta la questione legale per cui vi si era recato tornò in India, ma la gente che aveva conosciuto lo convince a restare ancora almeno un mese in modo da far da guida per gli analfabeti di colore; quello che doveva essere un mese diventerà poi vent’anni.
Nel maggio 1894 fonda il “Natal indian congress” una associazione per la difesa degli interessi indiani nell’unione sudafricana. Nel 1896 torna in India per cercare appoggi alle sue teorie.
Al suo ritorno in Sudafrica viene aggredito e malmenato e sfugge a stento al linciaggio. Durante la guerra boera organizza un corpo volontario per assistere i feriti; finita la guerra scoppia a Johannesburg una epidemia di peste ed egli si prodiga per assistere i colpiti, esponendo con gioia la vita per i suoi persecutori.
Nel 1904 sull’esempio di Tolstoi fonda a Phoenix, nei pressi di Durban, una colonia agricola, dove vi trasferisce la tipografia del giornale “Indian Opinion” fondato sempre nello stesso anno, in essa Gandhi riserva per sé i lavori più umili e faticosi. In questa colonia egli divide il terreno in appezzamenti di poco più di un ettaro, e vi insedia i suoi compagni di lotta; la regola della comunità è che ognuno deve guadagnarsi la vita con il lavoro dei campi.
Durante la guerra degli zulù, scoppiata in quel periodo, e dove Gandhi si presenta con un corpo di ambulanza volontario che cura, e soccorre bianchi e neri, compie su di sé esperimenti di una pratica che diverrà poi familiare e cara: il digiuno, come mezzo di purificazione e di autodominio.
Comincia da qui la satyagraha, ovvero la forza della verità, che diverrà l’arma dei deboli; basato su idee che Gandhi enunciò in un solenne comizio tenuto il 1° Settembre 1906.
Nell’agosto dello stesso anno il governo obbligò tutti gli asiatici a munirsi di scheda di identità, a fornire le impronte digitali e a sottostare ad altre umilianti misure di polizia che li ponevano a livello di comuni criminali. Gandhi consigliò ai satyagrahi di rifiutare di farsi schedare, se multati, non dovevano pagare l’ammenda, se processati dovevano deliberatamente dichiarare di aver violato le leggi ed andare in carcere senza opporre resistenza. Facendo così in breve le prigioni del Transvaal furono piene. Nel 1907 fu arrestato anche Gandhi, che ricevette l’intimazione di lasciare il paese entro 48 ore; avendo disobbedito fu processato e chiese al giudice di accusarlo in modo tale da avere una pena superiore ai suoi compagni.
Nel 1914 finalmente il satyagraha prevalse sulla forza delle armi e delle leggi. Gandhi poté ritornare finalmente nella sua patria che ormai gli era divenuta straniera; ma prima volle trascorrere qualche settimana in Inghilterra la quale aveva appena dichiarato guerra alla Germania. Anche qui Gandhi non perde l’occasione per mettere in pratica le sue teorie, ed organizza subito un corpo di volontari indiani residenti in Inghilterra per curare gli inglesi feriti.
La fatica ed il freddo lo fanno ammalare di pleurite così, avendo bisogno di un clima caldo come quello dell’India per curarsi, il 9 gennaio 1915 Gandhi sbarca a Bombay. Anche qui le occasioni per manifestare le idee della non violenza e della disobbedienza civile non mancarono affatto, infatti il 30 marzo 1919 ha inizio, a Delhi, la prima grande campagna di satyaghara su scala nazionale per protestare contro le misure restrittive che gli inglesi imponevano sulla libertà personale degli indiani, e che intendevano mantenere anche dopo la guerra.
Gli aderenti furono invitati a firmare una formale dichiarazione redatta dallo stesso Gandhi, in cui si impegnavano a “disobbidire” nel caso in cui queste leggi venissero applicate. Poichè Gandhi proclamò il satyagraha un processo di auto purificazione sacra si decise di sospendere il lavoro in tutta l‘India per un giorno dedicando tale giornata al digiuno e alla preghiera.
Tale processo non ottenne i risultati che ci si aspettava, anzi ebbero l’effetto contrario, così con un atto di grande coraggio il 18 aprile, Gandhi, non curante delle proteste degli estremisti, ordina la sospensione del movimento. Successivamente Gandhi assume la direzione di un settimanale in lingua inglese”YOUNG INDIA” e di un mensile in gujerati “NAVAJIVAN” per diffondere le sue idee.
Nel novembre 1921 Gandhi viene condannato a trascorrere 2 anni di carcere per avere ripreso i moti della non violenza contro il governo inglese. Quando venne rilasciato la situazione politica era profondamente mutata, e il movimento di non collaborazione aveva perduto ogni vigore.
Gandhi propose una nuova campagna di disobbedienza civile basata sulla legge del monopolio del sale che incideva negativamente sopratutto sui poveri.
Il 12 marzo 1930 iniziò “LA MARCIA DEL SALE “ che vide Gandhi e migliaia di indiani marciare per 380 km fino all’Oceano indiano dove simbolicamente gli indiani raccolsero un pugno di sale dalle Saline di Dhrasara in spregio al monopolio. La polizia si oppose con violenza e con forza alla folla che marciava intrepida fin quando fu costretta ad arrendersi anche se di seguito furono arrestate circa 60.000 persone tra cui lo stesso Gandhi che fu imprigionato. La marcia del sale è uno degli esempi più importanti di disubbidienza civile che porterà alle lunghe trattative per il riconoscimento dell’indipendenza dell’India nel 1947. (Il video della marcia di RAI cultura )
Per ogni villaggio in cui egli passava si aggiungeva sempre più gente, per lo più contadini.
Il 5 aprile Gandhi raggiunse il mare a Danni dove in mezzo ad una folla che lo acclamava raccolse qualche grammo di sale; da qui iniziarono i moti del sale: i contadini non pagarono più l’imposta terriera; il boicottaggio dei tessuti stranieri divenne generale: i funzionari legislativi furono colpiti da ostracismo.
I negozianti si rifiutavano di vendere i loro generi più necessari. I tribunali divennero deserti. Gli inglesi cercarono dapprima di reagire facendo caricare i dimostranti dalla polizia e arrestare i violati della legge.
Gandhi fù arrestato e la direzione della campagna fù assunta dalla moglie, ma venne arrestata anch’essa; succedettero a quest’ultima molti altri capi ma vennero tutti arrestati ed in poco tempo le prigioni furono di nuovo piene.
Il 25 gennaio 1931 Gandhi ed altri membri dell’esecutivo del congresso vennero liberati senza condizioni; e al termine di una serie di colloqui tra il Viceré e Gandhi, tra febbraio e marzo del 1931 fu raggiunto un accordo definito “patto Irwin-Gandhi” per cui il Governo britannico modificava le leggi sul monopolio del sale, liberava i detenuti politici e revocava le ordinanze speciali ed i procedimenti pendenti ed il Congresso in cambio accettava di partecipare alla Conferenza della “Tavola Rotonda”, nella quale fu raggiunto un vago accordo sulle linee generali della nuova costituzione.
Con l’approssimarsi del secondo conflitto mondiale Gandhi riprese i contatti con il movimento indipendentista, per dichiarare così allo scoppio della guerra l’India come paese che condannava il nazismo e il fascismo e come paese che non si sarebbe mai alleato ad una guerra mirante alla difesa dello status quo, avrebbe collaborato alla difesa della democrazia se questa sarebbe stata applicata anche all’India.
Nell’agosto 1940 il governo Churchill, dopo il crollo della Francia oppose la richiesta di un trasferimento immediato dei poteri ad un governo provvisorio indiano, dopo ciò non avendo ottenuto ciò che voleva Gandhi riprese la disobbedienza civile.
Questa situazione era molto delicata per il governo britannico che non poteva affrontare anche il problema dell’India visto che la maggior parte delle forze erano impegnate nel conflitto mondiale.
Nessun tentativo di riprendere colloquio fu tentato fino alla fine della guerra, intanto la moglie di Gandhi morì in carcere dopo un digiuno di protesta.
La svolta decisiva si ebbe nel 1945 quando i mussulmani esposero le loro tesi nelle quali essi auspicavano la creazione di uno stato mussulmano separato, formato con le province in maggioranza mussulmane. Queste tesi prevalsero e il 15 agosto 1947 l’India si spaccò in due Stati distinti: il Pakistan e L’Unione Indiana.
Per definire i confini vennero istituite due commissioni miste ma che stentavano a raggiungere un accordo, questa situazione tesa e complicata scatenò un guerra tra mussulmani ed hindù che alla fine di quel fatale 1947 provocò circa un milione di morti e circa 5 milioni di profughi.
In questa situazione Gandhi ormai vecchio e solo lottò con tutte le sue forze, anche quando l’India divenne indipendente, rischiando anche di morire di fame, ma riuscendo a portare la calma almeno a Calcutta.
Si recò di nuovo a Delhi, dove le violenze degli estremisti hindù erano molto più accese; qui egli si recava ogni sera per pregare all’aperto, in quiete.
La sera del 30 Gennaio 1948 un giovane fanatico militante lo seguì e lo uccise con colpi di pistola a ripetizione, così si chiude la vita di Gandhi all’età di 78 anni dopo aver lottato tutta la vita per affermare un ideale di non violenza e di amore, è caduto vittima di quelle stesse passioni che aveva cercato di esorcizzare
Citazione tratta da “L’Arte di Vivere” (M.K.Gandhi)
“Per una scodella d’acqua,
rendi un pasto abbondante;
per un saluto gentile,
prostrati a terra con zelo;
per un semplice soldo,
ripaga con oro;
se ti salvano la vita,
non risparmiare la tua.
Così parole e azione del saggio riverisci;
per ogni piccolo servizio,
dà un compenso dieci volte maggiore:
Chi è davvero nobile,
conosce tutti come uno solo
e rende con gioia bene per male”.
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Indira Gandhi
La sua politica, le sue riforme, il suo governo: luci ed ombre di un personaggio che ha segnato la storia del suo Paese
Originale e multisfaccettata, la vita privata e professionale di Indira Gandhi è ancora oggi fonte di riflessione e ispirazione per le donne di tutto il mondo. Come vedremo, le controverse vicende storiche e gli scritti che ne parlano impediscono di tracciarne un profilo univoco, ma di certo non sottraggono fascino a questa donna così decisa e determinata.
Indira Priyadarshini Nehru-Gandhi, nacque nel novembre del 1917, ad Allahbad, ed – essendo figlia di Jawaharlal Nehru, uomo politico di spicco, appartenente al Congresso Nazionale Indiano e impegnato per la lotta dell’indipendenza dell’India dall’impero britannico – fin da piccola respirò aria di ribellione. Ad oggi, è la prima e unica donna ad essere stata mai nominata Primo Ministro dell’India. Governò il suo Paese una prima volta dal Gennaio 1966 fino a Marzo 1977e una seconda da Gennaio 1980 fino al 31 Ottobre 1984, giorno in cui fu assassinata dalle sue guardie del corpo di etnia sikh.
L’infanzia di Indira Gandhi
L’infanzia e l’adolescenza di Indira Gandhi furono segnate soprattutto dall’assenza dei suoi genitori. La sua famiglia, molto ricca, fu da sempre schierata contro il colonialismo inglese e – proprio per questo motivo – tutti i suoi familiari finirono in carcere. Indira fu costretta, quindi, ad assumersi oneri molto grandi per la sua tenera età: a soli 8 anni si ritrovò a seguire la madre in Svizzera, che si ammalò gravemente a causa dei maltrattamenti subiti durante i ripetuti periodi di detenzione. Indira studiò in un collegio svizzero, dove acquisì una precisa visione del mondo: gli studi qui effettuati la plasmarono nel profondo e gettarono le basi della sua futura politica e del suo governo.
Appartenendo a un famiglia ricca, avrebbe potuto godere di tutti i privilegi a lei riservati e vivere negli agi, invece Indira Gandhi – una volta terminati gli studi e tornata in patria – si impegnò in una profonda lotta politico-sociale battendosi strenuamente contro l’occupazione inglese. Appena adolescente fondò la Monkey Brigate, un’organizzazione composta da circa 6000 ragazzi, che aveva il compito di trasmettere informazioni tra i rappresentanti dei vari movimenti e organizzare atti di vera e propria guerriglia contro le caserme inglesi. In questa fase della vita le fu di grande sostegno la figura paterna e quella del Mahatma Gandhi, che la coinvolsero e la influenzarono, inducendola ad abbracciare un pensiero politico volto a combattere la povertà e le ingiustizie.
La formazione scolastica e universitaria
Frequentò la Modern School di Dehli, poi l’Ecole Internazionale di Ginevra, studiò anche all’Ecole Nouvelle di Bex, alla Pupil’s Own School di Bombay e si iscrisse poi alla Bharati University di Shantiniketan. Quando la madre si aggravò, lasciò l’Università per seguirla ed assisterla in Europa; decise in seguito di iscriversi all’Università di Oxford. A causa di svariati problemi di salute, fu costretta ad interrompere ripetutamente gli studi. Nel 1940 si trovava in Svizzera, l’Europa era stata invasa dai nazisti e Indira Gandhi cercò di tornare in Inghilterra: riuscì a raggiungerla solamente un anno dopo. Dopo un breve soggiorno inglese, decise di ritornare in India senza aver completato gli studi.
Ad Allahbad si sposò con Feroze Gandhi, anch’esso impegnato politicamente e strenuo sostenitore dell’indipendenza. Indira Gandhi divenne assistente del padre, che era il Primo Ministro dell’India e – alla fine degli anni cinquanta – divenne Presidente del Congresso. Dopo la morte del padre fu eletta Ministro dell’informazione e Telecomunicazioni nel governo Lal Bahadur Shastri. Venne eletta Primo Ministro del governo indiano il 18 gennaio 1966, ma – già un anno dopo – il Partito del Congresso cui Indira apparteneva perse consenso, a causa di correnti di estrema sinistra che si svilupparono in alcune regioni. Il risultato fu una scissione di partito, avvenuta nel 1969, che diede vita ad un’ala Conservatrice ed ad una Progressista.
Dopo la scissione, il suo governo attuò una politica molto decisa nei confronti dei problemi endemici del suo Paese, primo fra tutti la povertà, tanto che – come Primo Ministro – Indira Gandhi si guadagnò l’appellativo di “Comunista”. Le sue riforme erano molto vicine all’ideologia comunista, anche se lei si identificò sempre nel pensiero socialista. Tra i primi atti del suo governo ci fu la nazionalizzazione di una decina di banche ed di un certo numero di miniere, affrancando così l’economia indiana dall’influenza di Paesi stranieri. Riformò le norme che regolavano il settore terriero, impose limiti alla proprietà privata, cancellò privilegi e rendite ereditarie dei nobili. Nel 1971 vinse di nuovo le elezioni. In quegli anni la sua carriera politica era al culmine anche per la vittoria militare riportata contro il Pakistan. Sembrava, quindi, fosse possibile effettuare tutte quelle riforme promesse in campagna elettorale atte a sconfiggere la povertà del suo Paese. Anche se buona parte del suo partito era dominato fa forze conservatrici.
Ma perché fallì il suo progetto di abbattere la povertà?
Benché le condizioni dell’India fossero notevolmente migliorate sotto la sua guida, non ci volle molto a scoprire che le risorse per attuare tutti i suoi propositi non erano disponibili. Molti fattori concorsero a far tramontare l’ambizioso progetto di abbattere la povertà di tutte le fasce più deboli: l’arrivo massiccio dei profughi provocato dalla guerra indo-pakistana, che prosciugarono le riserve di cibo, gli esiti dei monsoni che per tre anni flagellarono il Paese e misero in ginocchio l’agricoltura. In ultimo, ma non per importanza, l’aumento del greggio deciso nel 1972 dai paesi dell’ OPEC. Questi tre eventi ebbero gravissime conseguenze sull’economia dell’India. Le ulteriori riforme tanto promesse non partirono mai o fallirono miseramente. A questo si aggiunsero scandali per corruzione da parte di rappresentanti del Partito del Congresso e della stessa Gandhi. Il Paese attraversò un periodo di grande fermento, furono indetti scioperi e manifestazioni, il malcontento popolare era sempre più evidente, ma le proteste vennero sedate con la violenza e repressione. Lo sciopero dei ferrovieri del 1974 fu soffocato brutalmente e finì con l’arresto di circa 20 mila scioperanti.
L’opposizione non stette a guardare e chiese con grande determinazione le dimissioni del Primo Ministro. Nel 1975 l’Alta Corte dichiarò le elezioni del 1971 non valide per gravi irregolarità e bandì Indira Gandhi da ogni carica elettiva per sei anni. Ma lei – per tutta risposta – proclamò lo stato di emergenza nazionale, congelò i diritti civili e promulgò leggi per rendere inefficace la sentenza dell’Alta Corte che l’aveva accusata di brogli elettorali. Molti esponenti dell’opposizione sparirono senza lasciare traccia, i giornalisti furono messi a tacere. Nel 1977 si ritornò alle urne, non fu rieletta e fu arrestata per alcuni giorni.
Nel 1980 si ripresentò alle elezioni e vinse di nuovo rimanendo alla guida del suo Paese, fino all’ottobre del 1984. Fu in questo periodo che perse il figlio Sanjay, perito in un incidente aereo. Il dolore non la distolse dagli impegni politici, tanto da coinvolgere nel suo lavoro il figlio Rajiv, sposato con l’italiana Sonia Gandhi. La scelta di coinvolgere il figlio suscitò non pochi malumori tra i suoi oppositori e non solo. Ma – nonostante il suo impegno – per lei iniziò la parabola discendente. L’indipendenza reclamata dalle regioni ricche del nord fu causa di grandi agitazioni di massa e fra le etnie più facinorose si distinse quella dei Sikh, abitanti della regione del Punjab. La ribellione fu repressa dall’esercito con la violenza: l’operazione “Blu Star” provocò la morte di oltre 600 persone. La vendetta dei Sikh non si fece attendere e il 31 ottobre 1984 le sue guardie del corpo di etnia Sikh la uccisero sparandole vari colpi d’arma da fuoco mentre stava attraversando il suo giardino. Era appena tornata da un viaggio per ragioni elettorali ed il discorso pronunciato in quell’occasione ebbe tutta l’aria di un presagio:
“Non ho l’ambizione di vivere a lungo, ma ho l’ambizione di mettere la mia vita al servizio della nazione. Se dovessi morire oggi, ogni goccia del mio sangue fortificherebbe l’India”.
Il ruolo e la figura di Indira Ghandi nella storia
Le posizioni di chi ha raccontato la vita di Indira Gandhi non sono univoche: Salman Rushdie – ad esempio – nel suo “I figli della mezzanotte” fu molto severo sul periodo dell’emergenza nazionale, che la vide responsabile di torture e soppressione della libertà. Altri studiosi affermano che – contrariamente al padre che aveva governato il paese per 17 anni attuando una politica ideologica e di pensiero con un preciso progetto politico – Indira Gandhi non avesse invece una ideologia ed un progetto chiaro e che si basasse più sull’istinto che sui ragionamenti profondi. Ma è indubbio che l’impegno di questa donna fu altissimo e che le problematiche che dovette affrontare furono di elevata difficoltà.
L’India è un Paese enorme, con una popolazione – da sempre – fra le più alte al mondo, attanagliata da carenze ataviche, caratterizzato da una povertà difficile da debellare e percorse da lotte intestine fra diverse etnie. Tracciare un profilo univoco non è facile: luci ed ombre si sovrappongono; per i suoi detrattori fu una donna cinica e fredda, con la capacità del tutto inusuale (per un indiano) di parlare apertamente e francamente anche di argomenti spiacevoli. Per i suoi sostenitori fu, invece, una donna tenace e forte. Quello che sappiamo con certezza è che, in una manciata di anni, strappò l’India dal Medioevo lanciandola nell’Era Moderna. (di Angela Agresta)